Il 4 novembre 1918 l’armistizio viene firmato e la guerra finisce, l’austriaco è vinto ma i territori lungo il Piave, nell’ultimo anno di guerra, sono stati devastati dai combattimenti. Nervesa è letteralmente rasa al suolo, il censimento dei danni eseguito a fine guerra dalle autorità, ci indica che l’abitato è per 97% distrutto e per il rimanente 3% gravemente danneggiato. L’agricoltura è inesistente come gli animali per l’allevamento. La popolazione comincia a rientrare dal profugato e trova solo rovina, se vuole rimanere deve ripartire da zero, questo sarà motivo di una nuova ondata migratoria. I primi anni del dopoguerra (1919-22) sono duri e difficili, la mancanza di lavoro e del mancato arrivo di fondi statali per la ricostruzione crea fame e miseria, anche la bonifica dei terreni agricoli procede a rilento, molte sono le persone ferite o morte per l’esplosione di bombe ed altri ordigni bellici disseminati durante i combattimenti.
Sarà solo nell’ottobre del 1922, dopo il fatto della “Marcia su Roma” e il successivo avvento del fascismo al potere, che, con le nuove elezioni ed il cambio della giunta da socialista a fascista, Nervesa comincia a risorgere, diventando quella che poi noi oggi conosciamo. Forte è l’amicizia che lega il nuovo Sindaco Battistella e la sezione della destra paesana al Capo del Governo Benito Mussolini, a cui verrà data la cittadinanza onoraria nel maggio del 1924, ed è grazie a questo legame che il regime si impegna a fornire fondi per la ricostruzione. Un team di architetti, su ordine diretto del Duce, seguendo le ideologie littorie, crea un nuovo stile architettonico, chiamato “Nuovo Impero”. Senza entrare in spiegazioni tecniche, un po’ troppo specifiche e forse noiose per i non addetti, possiamo dire che questo nuovo modello architettonico verrà messo in pratica in due paesi d’ Italia il primo è Littoria, ora Latina e l’altro è Nervesa che dalle sue ceneri deve nuovamente risorgere. Tutto il paese viene progettato su questa nuova idea, tranne la sede Comunale (Villa Panigai) che viene restaurata integralmente. Solo la torre dell’orologio viene modificata alzandola di un piano. Anche la chiesetta dedicata a San Nicolò (Patrono dei zattieri), sita nell’omonima piazza e rasa al suolo durante la battaglia, viene riedificata affianco al Municipio.
Parallelamente alla ricostruzione paesana il regime da il via ad una serie di lavori. Tutti motivati da alcune necessità, la prima e sicuramente la più importante sta nella necessità di fornire infrastrutture pubbliche ora distrutte e non più esistenti, la seconda e non di scarsa importanza è la possibilità di dare lavoro alla popolazione contrastando così la miseria esistente, la terza è di poter mostrare la propria forza, imporre i propri simboli e così la propria ideologia (ricordo che il monumento Ossario fino al maggio 1945, aveva posto frontalmente sette fasci in bronzo alti circa 2 mt.) Il primo di questi grandi lavori è la costruzione del Canale della Vittoria, l’opera in parte è già stata finanziata prima della guerra ed è molto utile all’ irrigazione delle campagne a nord di Treviso, circa 30.000 ettari e altro non è che l’ampliamento dell’idea progettuale del vecchio canale esistente già dal XIV° sec.. Il lavoro viene terminato in quattro anni e nel 1925 è inaugurato alla presenza del Re e delle massime autorità dello stato.
Pochi anni dopo nel 1932, iniziano i lavori di sbancamento del Col Posan, serviranno alle fondamenta del monumento dedicato ai caduti della Grande Guerra. La costruzione del Sacrario-Ossario, voluta dal regime ad esaltazione dei propri ideali, sarà un vero e proprio “toccasana” per le famiglie Nervesane, per quattro anni vi lavoreranno dai cento ai duecentocinquanta operai, tutti appartenenti al comune. Per la costruzione della struttura, alta 26 mt., furono necessarie più di 73 tonnellate di ferro e venne allestito un cantiere con mezzi e tecniche all’avanguardia per l’epoca. Data la difficoltà dei trasporti fu montata una teleferica che partiva da Colfosco, sull’altra sponda del Piave, per la movimentazione in cantiere, vera novità del momento, era in uso una gru tralicciata, montata su binari, alta 36 metri. Il monumento terminato nel 1935, contiene le salme di 9325 caduti e venne inaugurato il occasione del ventennale della Vittoria il 19-6-1938.
Tra il 1940 ed il 1945 imperversa la Seconda Guerra Mondiale con tutti gli annessi e connessi conosciuti, a Nervesa la vita scorre relativamente tranquilla, i bombardamenti alleati toccano il paese solo nella zona di Ponte della Priula, obbiettivo il ponte ferroviario che viene presto distrutto, mentre quello stradale verrà risparmiato (che abbiano dato retta al vecchio motto che recita “ponti aperti al nemico che fugge”?). Anche l’attività partigiana, al contrario delle zone circostanti come Grappa o Cansiglio, rimarrà tranquilla e non segnata da sanguinose faide, comuni in tutto il Nord Italia in quel periodo di guerra civile. Và però ricordato è proprio a Nervesa, e più precisamente nella Canonica della Chiesa di Bavaria, che un mese dopo l’ 8 settembre 1943, data dell’Armistizio,vi si incontrarono gli appartenenti ai partiti avversari del regime, dando origine ad uno dei primi Comitati di Liberazione Nazionale del Veneto. Nel periodo di occupazione tedesca (1944-45) ce da menzionare anche la presenza a Sovilla, in Villa Coletti, di un ufficio dell’Organizzazione Todt, ente germanico che sovraintendeva ai lavori di installazione di strutture belliche. Per lo più la struttura aveva la funzione di reclutare personale locale a basso costo per l’esecuzione di lavori bellici o comunque utili all’amministrazione tedesca, nel caso di Nervesa per la possibile creazione di una linea difensiva sul Montello.
Corrado Callegaro