Nel giugno 1918 l’esercito Austroungarico si lancia, con un attacco ben preparato, contro le posizioni italiane, lungo la linea che corre dagli altipiani di Asiago alle foci del Piave. La Monarchia Danubiana è prossima alla fine e tenta un ultimo colpo di coda, alla ricerca di una vittoria che ridia fiducia ai sudditi del grande impero e che possa togliere di mezzo una volta per tutte il secolare nemico: l’ITALIA.
Alla fine di Aprile il progetto prende forma. Verranno sferrati due attacchi principali, il primo denominato “Operazione Radetzky”, si svolgerà nel settore montano dalla Val d’Astico al Monte Grappa, con l’obiettivo di collegarsi con una manovra a tenaglia con la seconda massa d’attacco: ”l’Operazione Albrecht” proveniente dal fronte del basso Piave con l’obbiettivo di chiudere in una grande sacca il resto dell’esercito Italiano. Il tutto verrà preceduto da una piccola operazione diversiva in zona del Passo Tonale (Op. Lawine).
Il soldato Austriaco combatte bene, ma la situazione politico militare è cambiata molto, il nuovo Imperatore Carlo I° non possiede le caratteristiche paterne di comando, la truppa è stanca e demoralizzata da quattro lunghi anni di guerra, minata soprattutto dalla propaganda proletario-bolscevica, importata proprio dalle stesse truppe provenienti dal fronte russo. Per il soldato Italiano la situazione è ben diversa, dopo la sconfitta di Caporetto e la successiva sostituzione del Generale Cadorna con Armando Diaz, non è più un numero, ma diventa parte integrante del sistema militare, assumendo un ruolo ben distinto, traducendosi in un maggior rispetto umano, in un miglior vitto e in turni meno massacranti.
E’ su questa ottica che viene riformata la nuova artiglieria. I reparti di artiglieria verranno abbondantemente riforniti dall’industria italiana dopo la ritirata di caporetto. Sulla scorta delle esperienze fatte, si studiò con cura e si introdusse l’impiego del Fuoco di contropreparazione, che era destinato a battere prima dell’attacco i centri di vita e rifornimento dell’attaccante, a neutralizzare l’efficacia delle batterie a demoralizzare e schiacciare le fanterie nemiche ammassate, pronte per l’attacco.
Durante la battaglia molti sono gli episodi in cui il corpo dell’artiglieria si distinse, primo tra tutti sicuramente la grande intuizione del Generale Segrè, comandante del Gruppo Art. del settore di Asiago, che fece aprire il fuoco di contropreparazione alle 2.45, anticipando il tiro austriaco, con poderosi concentramenti di fuoco con proiettili esplosivi ed a gas sulle zone d’afflusso, al punto che molti soldati e ufficiali nemici “credettero che erano gli italiani a dover attaccare”. Il tiro fu talmente efficace, che la battaglia sugli Altipiani era già terminata la sera del giorno successivo, con la completa sconfitta degli austroungarici, preludio di quel che poi capiterà sul fronte del Piave.
Impressionante il consumo di munizioni. Durante i giorni della battaglia di Giugno la nostra artiglieria disponeva di quasi 18 milioni di proiettili di vario calibro, ne sparò 3.526.000, con una media di 350.000 al giorno (mediamente ogni pezzo sparò 85 granate giornaliere), il peso totale dei proiettili sparati superava abbondantemente le 53.000 tonnellate.