Il Maresciallo Boroevic, di fronte agli insuccessi delle Armate montane, già nella mattinata del 19, aveva prospettato il ritiro sulla sponda sinistra del Piave all’ Imperatore Carlo, il quale, in preda ad una profonda crisi, chiese consiglio ai propri generali.
Alle 19.16 della giornata del 20 la decisione è presa: ritirata generale.
L’insuccesso della VI^ Armata austro-ungarica è evidente, la testa di ponte creata sul Montello rimane tale e quale, senza che si sia riusciti ad ampliarla ed approfondirla. Le 5 Divisioni che erano riuscite ad attraversare il Piave sono ormai stanchissime, logorate da otto giorni di duri combattimenti e dal cattivo funzionamento del sistema tecnico-logistico. Alcune compagnie non ricevono cibo e munizioni da quando è iniziata la battaglia.
Al contrario gli Italiani sono ogni giorno più forti, continuando a far affluire riserve fresche. Il morale è alto, sono ormai sicuri che qui al Piave non sarà un’altra Caporetto.
Nella notte sul 21, il Generale Goiginger, Comandante del XXIV° Corpo d’Armata austro-ungarico, dà inizio al ripiegamento. Artiglierie, carriaggi, sanità e feriti saranno i primi ad riattraversare il fiume, mentre il grosso delle truppe ha l’ordine di ritirarsi nelle due notti successive.
Durante il giorno l’ordine per il nemico è di non compiere vistosi arretramenti, per non insospettire gli italiani.
Nella notte tra il 21 ed il 22 avviene il ripiegamento oltre il fiume del carriaggio delle artiglierie e delle riserve non impegnate.
Non restano sul Montello che le truppe in linea con l’ordine di ripiegare appena possibile, con la massima celerità, lasciando indietro solo alcuni plotoni di copertura. Ogni reggimento lascerà in linea un battaglione, che nella notte successiva cederà il proprio posto ad una compagnia, in modo tale da poter creare un velo di truppe per ingannare gli italiani sui propri movimenti. Nella notte sul 23 giugno, viene posta in atto la ritirata definitiva del nemico, ostacolata ancora una volta dalle nostre artiglierie, resa ancora più tragica dal panico che voci infondate avevano diffuso di una minacciosa pressione da parte delle nostre truppe.
Si narra di cavalli e muli spaventati che passavano sui morti e sui feriti giacenti al suolo da ogni parte e di scene raccapriccianti sulla riva del fiume, con i soldati che, approfittando della mancanza degli ufficiali, che si erano precedentemente messi in salvo, abbandonano precipitosamente le loro mitragliatrici leggere e pesanti, alla caccia dei pochi barconi disponibili, che sovraccarichi di uomini ossessionati dalla paura, spesso si capovolgono, rovesciando in acqua il carico umano urlante ed imprecante.
Il disordine e la paura dilagano, diventando vero panico, rendendo più precaria e pericolosa la situazione degli austriaci.
E’ da ritenere che le perdite più gravi subite dalle armate nemiche siano state proprio quelle determinate dalla disordinata ed indisciplinata ritirata.
Le giornate del 21-22 giugno erano state utilizzate dagli italiani per effettuare dei cambi truppa, necessari nelle nostre fila, non accorgendosi di nulla.
Sarà solo nella giornata del 23 che alcuni austro-ungarici, rimasti sulla sponda destra (ne verranno catturati circa 700), consegnandosi agli italiani, daranno la notizia dell’avvenuto ripiegamento. Ma per una serie di errori di valutazione del Generale Pennella, le nostre fanterie si muoveranno solo il giorno 24 rioccupando tutto il saliente montelliano.
In questo giorno, il Generale Armando Diaz, esonera dal comando dell’ VIII^ Armata il Tenente Generale Pennella, per un alterco avuto sull’uso delle riserve e per una serie di errori sulla disposizione delle truppe. Viene sostituito dal Generale Enrico Caviglia, che lealmente riconoscerà di “… di aver assunto il comando del VIII^ Armata all’indomani della già conseguita vittoria sul Montello”.